Si chiamava Hervé Joncour, era mercante di bachi da seta. Ogni anno raggiungeva il Giappone, ogni anno ritornava. Nei suoi viaggi, si leggeva l’ideogramma di una passione silenziosa, rubata al rumore del mondo.

Da qualche tempo non scrivo una recensione, e mi dispiace molto perché credo che sia una delle tipologie di articolo più importanti all’interno di questo blog, nonché il modo più diretto e chiaro di confrontarmi con voi lettori. Quindi passo subito a parlare della mia ultima lettura terminata, un’altra di quelle acquistate a sentimento, semplicemente per un qualcosa che mi ha comunicato. Seta di Alessandro Baricco (edizione Universale Economica Feltrinelli, al prezzo di copertina di € 7,50) è il primo libro che leggo dell’autore – sai che novità – e devo dire, sinceramente, che mi è piaciuto molto. Sono davvero tantissimi i punti di forza che ho trovato in un libro così esile, che in sole 108 pagine è riuscito a farmi immergere totalmente in un tempo lontano, in una atmosfera (in)definita dai tratti esotici.
Cercherò di procedere in maniera ordinata per rendere più fluido e lineare il mio pensiero e anche per riuscire a scrivere più velocemente le recensioni, che, come sapete, mi riescono sempre molto lunghe e, personalmente, molto pensate e sudate. Non trasformerò le mie recensioni in elenchi puntati; semplicemente cercherò di avere un modo di procedere costante e coerente, che non tralasci nessuna mia considerazione e che allo stesso tempo possa darvi tutte le informazioni che desiderate sul libro in questione.
La prima questione da cui bisogna partire è la trama: la vicenda narrata comincia nel 1861 e segue i viaggi di Hervé Joncour, un mercante di bachi da seta, che si ritrova a dover andare fino in Giappone per ottenere della merce di ottima qualità e soprattutto priva di malattie. All’interno di questo grande argomento, e perno in realtà delle più grandi suggestioni che questo libro può offrire, il rapporto con la moglie Hélène, che aveva una voce bellissima. I viaggi di Hervé catturano il focus del lettore, ma in realtà tante altre cose ben più importanti cominciano ad accadere. Non dirò nulla di più per evitare di spifferare qualcosa che invece è bello scoprire da soli, leggendo.
La figura di Hélène ci porta a toccare la seconda importante questione, quella dei personaggi. Come le ambientazioni, anche i personaggi sono caratterizzati da tinte esotiche, sembrano quasi sfumati all’interno di comportamenti abitudinari e gesti scanditi da ripetizioni. Questo tratto è reso molto bene dal fatto che i viaggi di Hervé vengono descritti sempre allo stesso modo, seguendo sempre lo stesso percorso, con le stesse soste e le stesse persone che lo accolgono; a cambiare è soltanto una parola, una sensazione, un dettaglio quasi impercettibile che forse serve a farci capire che ogni momento della nostra vita è diverso dagli altri e non si ripeterà più, anche quando ci sembra di fare ogni giorno le stesse cose, di incontrare le stesse persone e di vederci sempre uguali a noi stessi. Giorno dopo giorno noi cambiamo, e quella di Hervé è anche la storia di un cambiamento, che avviene sommessamente e che darà i suoi frutti solo nel futuro, una volta che avrà finalmente compreso molte cose. Una volta che avrà svelato il mistero nascosto dietro ad una lettera e al suo matrimonio. Nei suoi occhi, intanto, la seta.

La scrittura di Baricco mi ha piacevolmente colpita: consapevole di aver conosciuto soltanto una piccola parte del suo stile, credo che questo libro sia scritto e strutturato in maniera molto acuta, è stato pensato in ogni particolare. Una cosa che ho apprezzato – anche se all’inizio non riuscivo a capirla appieno – è stata, come ho già scritto, la ripetizione di alcune parti, sempre uguali se non per una definizione, per una parola sola improvvisamente e completamente diversa. L’ho trovata una caratteristica molto interessante, che riesce a rendere bene, secondo me, l’idea dei lunghi e difficoltosi viaggi in Oriente, ripetuti con costanza e sempre più complicati. La storia del mondo è parte viva della narrazione, che ad un certo punto si macchia delle conseguenze della guerra.
Un’altra particolarità che ho notato, e che mi è particolarmente piaciuta, è l’uso che l’autore ha fatto della punteggiatura: anche in questo caso all’inizio non riuscivo a capire il perché di un determinato uso dei due punti, o delle lunghe pause. Ma ad un certo punto ho capito che anche la punteggiatura aveva un preciso scopo, e si prestava ad una interpretazione coerente del libro; anche la punteggiatura contribuiva a rendere l’atmosfera generale della narrazione, e questa è stata una delle cose che mi ha più stupita.
Sulla struttura generale del libro aggiungo anche che è molto scorrevole, è organizzata in 65 capitoli – alcuni dei quali molto brevi – e di conseguenza l’ho trovata una lettura molto semplice da affrontare, pur non avendo molto tempo a disposizione. E’ stata una comoda e leggera lettura da portare in viaggio, la trama è semplice da seguire e molto lineare, e nella sua semplicità l’ho trovato un libro molto evocativo.
Continuerò ad approfondire la mia conoscenza della scrittura di Baricco senza dubbio, e intanto, libro consigliato.
Io adoro questo libro, posso suggerirti castelli di rabbia? Molto bello 🙂
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Grazie per il consiglio! Lo leggerò volentieri 🌺
Questo libro mi è piaciuto davvero tanto.
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Anche a me piacque. Ma ho sentito pareri contrastanti a riguardo.
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Io non ho cercato recensioni, quindi non ti saprei dire… So soltanto che come primo approccio con Baricco ne sono rimasta colpita!
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Lo rileggero’ e poi ti dico
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Va bene 🌺
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