Il 2018 è stato un anno ricco di sorprese, meravigliose e terribili. Come ogni anno – e, d’altronde, come la vita – ogni giorno è stato scandito da alti e bassi, sono riuscita a venire a capo di qualche buon proposito ma di altri non ancora: il 2019 potrebbe dunque essere un anno decisivo, che richiederà, sin dalle prime battute, tutto il mio impegno, senza mai esitare. Ho tanti obiettivi per l’anno che viene, e spero di riuscire a raggiungere almeno quelli più importanti.
Come sempre, a guidarmi in questo percorso ci sono stati i libri, alcuni dei quali sono stati davvero fondamentali per lo sviluppo del mio pensiero: ho scoperto dei nuovi autori dei quali mi sono innamorata (vedi Giorgio Manganelli, o Kurt Vonnegut, o Nadia Terranova), ho arricchito la mia libreria – su questo magari stendiamo un velo pietoso, i libri non bastano mai e lo sappiamo benissimo tutti -, e, alla fine, sono davvero soddisfatta delle letture di quest’anno, nel complesso. Una menzione speciale va all’ultimo libro di Nadia Terranova, Addio fantasmi, che è stata decisamente la lettura migliore dell’anno ed è diventata una delle più importanti della mia vita. Potrei citarvi un miliardo di cose tratte da questo meraviglioso libro, ma preferisco rimandarvi direttamente al mio commento breve su Instagram.
Ecco, in ordine sparso, alcune delle citazioni più belle tratte dai dieci libri migliori che ho letto quest’anno:
“In Sopravvivere, Bruno Bettelheim ha spiegato molto bene la qualità specifica di questo senso di colpa che ora tu puoi anche analizzare come una variante del sentimento d’impostura: stavolta si tratterebbe dell’impostura della vita. Quando nasciamo, la nostra esistenza è, in qualche modo, naturale e fortuita (conosciamo tutti la formula con cui spesso gli adolescenti aggrediscono i loro genitori: «Non ti avevo chiesto niente, non ti avevo chiesto di essere messo al mondo»). Per il superstite, sopravvivere significa rinascere. Significa avere sfiorato la morte nel massimo punto di approssimazione e rinascere. Questa volta, però, la seconda nascita è una sorta di grazia: se la merita? Una domanda cui nessuno può presumere di rispondere affermativamente. L’interrogativo abituale sul senso della vita (un interrogativo che ciascuno sa facilmente tenere a una certa distanza) diventa all’improvviso centrale e non trova risposta. Essere in vita si dimostra l’effetto di un disegno impenetrabile e di un colpo di fortuna immeritato”.
Il sentimento d’impostura, Belinda Cannone
“Il genere conta in tutto il mondo. E oggi vorrei che tutti cominciassimo a sognare e a progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli. […]
A che serve la cultura? Fondamentalmente, lo scopo della cultura è assicurare la protezione e la continuità di un popolo. […] La cultura non fa le persone. Sono le persone che fanno la cultura. Se è vero che la piena umanità delle donne non fa parte della nostra cultura, allora possiamo e dobbiamo far sí che lo diventi”.
Dovremmo essere tutti femministi, Chimamanda Ngozi Adichie
“I miei pensieri fluttuavano: si susseguivano i miei ricordi: che deliziosamente sembravano sommergersi per riapparire a tratti lucidamente trasumanati in distanza, come per un’eco profonda e misteriosa, dentro l’infinita maestà della natura. Lentamente gradatamente io assurgevo all’illusione universale: dalle profondità del mio essere e della terra io ribattevo per le vie del cielo il cammino avventuroso degli uomini verso la felicità a traverso i secoli. Le idee brillavano della più pura luce stellare. Drammi meravigliosi, i più meravigliosi dell’anima umana palpitavano e si rispondevano a traverso le costellazioni. Una stella fluente in corsa magnifica segnava in linea gloriosa la fine di un corso di storia. Sgravata la bilancia del tempo sembrava risollevarsi lentamente oscillando: – per un meraviglioso attimo immutabilmente nel tempo e nello spazio alternandosi i destini eterni”.
Tratto da Pampa, Canti orfici e altre poesie, Dino Campana
“L’uomo che abusa del suo oggetto di desiderio, e che addirittura lo uccide, è morto psichicamente. Quando egli varca questa soglia insuperabile è un’impresa inimmaginabile recuperarlo. Quando la morte ha preso il sopravvento dentro di noi è tardi per recuperare il senso della nostra esistenza”.
La solitudine della donna, Sarantis Thanopulos (qui trovate un articolo approfondito sulla questione, che prende spunto da questo saggio).
“L’attrattiva dell letteratura, rifletté, consisteva nella sua indifferenza, nella sua totale mancanza di deferenza. I libri se ne infischiavano di chi li leggeva; se nessuno li apriva, loro stavano bene lo stesso. […] I libri non sono per nulla ossequiosi. Tutti i lettori sono uguali, e questo le risvegliò un ricordo di quand’era bambina. Uno dei momenti più elettrizzanti della sua infanzia era stata la Notte della Vittoria, quando lei e sua sorella erano sgattaiolate fuori dai cancelli e si erano mescolate alla folla in incognito. Leggere le dava una sensazione simile: la gioia dell’anonimato; della condivisione; della normalità. […] Una volta preso l’avvio, la voglia di leggere non le sembrò più strana e i libri, a cui si era accostata con tanta cautela, a poco a poco divennero il suo elemento”.
La sovrana lettrice, Alan Bennet
“No, doveva camminare per penitenza, arrivare senza aiuto di nessuno. Questo suo primo viaggio aveva però uno scopo; egli quindi si preoccupava ancora delle cose del mondo, e di arrivare presto e di sbrigarsi: dopo, gli pareva, sarebbe stato libero, solo col suo carico da portare con pazienza fino alla morte”.
Canne al vento, Grazia Deledda
“Domandò a Gluck se non era troppo giovane per essere sotto le armi. Lui disse di sì.
Domandò a Edgar Derby se non era troppo vecchio per essere sotto le armi. Lui disse di sì.
Domandò a Billy Pilgrim cosa diavolo era, Billy disse che non lo sapeva. Stava solo cercando di tenersi al caldo.
“Tutti i veri soldati sono morti” disse la donna. Ed era vero. Così va la vita”.
Mattatoio n. 5, Kurt Vonnegut (qui c’è la mia recensione completa di questo libro che ha fatto scattare la scintilla con l’incredibile Vonnegut – checché se ne dica sull’esattezza dei dati storici utilizzati).
“Tuttavia non hai scelta; se vuoi accedere al luogo delle parole, se vuoi abitare l’ombra senza patire consumazione, se vuoi toccare la parte più opposta dello spettro, tu devi andare incontro alla lacerazione, devi non paventare l’effusione del tuo sangue, che a quel punto non sarà difficile confondere con il mio. L’importante è questo, mio caro: non difenderti. Non credi che le parole sappiano il proprio significato meglio di te stesso?”.
Discorso dell’ombra e dello stemma, Giorgio Manganelli
“Il mio eroe è Ignaz Semmelweis. […] Diventò un ostetrico, il che già dovrebbe bastare a fare di lui un eroe moderno. Dedicò la sua vita alla salute di madri e neonati. Ci farebbe comodo avere più eroi come lui. Maledizione, di questi tempi ci si occupa davvero troppo poco di madri, neonati, anziani e di chiunque sia debole sul piano fisico o economico, mentre con gli indovini al potere diventiamo sempre più industrializzati e militarizzati. Vi ho detto quanto sono recenti tutte queste informazioni. Sono tanto recenti che l’idea che molte malattie siano causate dai germi ha appena 120 anni, suppergiù. […] E anche Ignaz Semmelweis credeva che i batteri potessero causare malattie. Rimase orripilato quando andò a lavorare in un ospedale ostetrico a Vienna, in Austria, e scoprì che in quel posto una madre su dieci moriva di febbre puerperale. […] Semmelweis osservò le pratiche dell’ospedale, e cominciò a sospettare che fossero i dottori a trasmettere l’infezione alle pazienti. […] Suggerì, come esperimento, che i dottori si lavassero le mani prima di toccarle. Un insulto inaudito. Come si permetteva di suggerire una cosa del genere a persone di una classe sociale superiore alla sua? […] Alla fine, per prenderlo in giro, per deriderlo, per sbeffeggiarlo, lo assecondarono. […] E le madri smisero di morire: ci pensate? Smisero di morire. Semmelweis salvò tutte quelle vite. […] Come fu ricompensato Semmelweis dai leader della sua professione nella società viennese, tutta gente che tirava a indovinare? Fu cacciato dall’ospedale ed espulso dall’Austria, al cui popolo aveva reso un così buon servizio. […] Un giorno, all’obitorio, prese la lama di un bisturi col quale aveva dissezionato un cadavere, e se la conficcò di proposito nel palmo della mano. Morì poco dopo, come sapeva sarebbe successo, di setticemia.
Gli indovini avevano tutto il potere. Avevano vinto ancora una volta. Erano loro i veri germi. Gli indovini rivelavano anche un’altra loro caratteristica, di cui oggi dovremmo prendere nota: non sono realmente interessanti a salvare delle vite. Quello che gli interessa è essere ascoltati – per quanto ignoranti siano le congetture che continuano a sfornare. Se c’è una cosa che odiano, sono le persone sagge.
Voi siatelo lo stesso. Salvate la nostra vita e anche la vostra. Siate onorevoli”.
Quando siete felici, fateci caso, Kurt Vonnegut
“Gli oggetti non sono affidabili, i ricordi non esistono, esistono solo le ossessioni. Le usiamo per tenere la crepa aperta e ci raccontiamo che la memoria è importante, che noi soltanto ne siamo i guardiani. Teniamo la ferita larga perché ci stiano dentro i nostri mali, i nostri timori, stiamo attenti che sia profonda abbastanza da contenere il nostro dolore, guai a lasciarlo vagare.
Esistono solo le ossessioni, e intanto il tempo le ha rese più vere di noi”.
Addio fantasmi, Nadia Terranova
Con tutto quello che sto custodendo e che spero di condividere con voi, in minima parte, con questi brevi passi, vi auguro un anno nuovo che possa essere giusto e soddisfacente: ci saranno sempre dei momenti spaventosi, grigi o addirittura neri, ma non perdete mai la speranza e la fiducia in voi stessi. Imparate a trarre sempre il meglio da ogni cosa, siate buoni con gli altri e con voi stessi, imparate tanto e miglioratevi: vi auguro che riusciate a fare tutto questo con serenità, come lo auguro a me stessa.
Buon 2019, con infinito affetto.