Campana è stato, ed è ancora, in un certo senso, il poeta unico e straordinario, anzi l’immagine stessa della passione poetica e l’esempio di una vocazione perseguita fino alla pazzia.
Ho scoperto Dino Campana e la sua affascinante quanto inquieta poesia “orfica” studiando per l’esame di letteratura italiana II. Trovai i suoi Canti orfici menzionati nel capitolo che spiegava il crepuscolarismo, le avanguardie letterarie e i “casi particolari”: ogni poeta non sarebbe di fatto individuabile all’interno di un rigoroso movimento letterario stabilito a posteriori. Sta di fatto che quel nome mi incuriosì tanto che decisi di acquistare Canti orfici e altre poesie, edito Garzanti, al prezzo di copertina di €9,00. Accingendomi alla lettura di questi testi, sto imparando a cogliere quella definizione di “nuova poesia” che è stata data all’opera di Campana. Si colgono l’influenza forte di Nietzsche, il retroscena del dannunzianesimo e delle spinte avanguardistiche del Novecento, l’ambiente vociano e l’influsso di Rimbaud e di altri poeti maledetti che il poeta ha saputo elaborare con uno stile che sembra esplodere nella grande capacità innovativa, in ripetizioni e profondità irrazionali, attraverso un vocabolario che trova il suo punto fermo soprattutto nell’orfismo di Nascita della tragedia di Nietzsche.
Oggi vi porto uno dei componimenti della raccolta, con la speranza di mostrarvi l’intensità delle parole di questo poeta che, ahimè, ho scoperto solo ora.

Il canto della tenebra
La luce del crepuscolo si attenua:
Inquieti spiriti sia dolce la tenebra
Al cuore che non ama più!
Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
Sorgenti, sorgenti che sanno
Sorgenti che sanno che spiriti stanno
Che spiriti stanno a ascoltare…
Ascolta: la luce del crepuscolo attenua
Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra:
Ascolta: ti ha vinto la Sorte:
Ma per i cuori leggeri un’altra vita è alle porte:
Non c’è di dolcezza che possa uguagliare la Morte
Più Più Più
Intendi chi ancora ti culla:
Intendi la dolce fanciulla
Che dice all’orecchio: Più Più
Ed ecco si leva e scompare
Il vento: ecco torna dal mare
Ed ecco sentiamo ansimare
Il cuore che ci amò di più!
Guardiamo: di già il paesaggio
Degli alberi e l’acque è notturno
Il fiume va via taciturno…
Pùm! mamma quell’omo lassù!
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