* in evidenza: Luigi XIII di Francia, dettaglio dal quadro di Philippe de Champagne, 1655, Museo Nacional del Prado, Madrid
Il nome più noto della poesia barocca italiana è senza dubbio quello di Giovan Battista Marino, poeta e scrittore autorevole che nacque nel 1569 a Napoli e che influenzò fortemente la produzione letteraria di Cinquecento e Seicento. Ma un altro poeta capace e spesso dimenticato, che nacque qualche anno dopo, nel 1574, e che dunque operò pure in questo periodo, è Claudio Achillini, la cui produzione poetica fu offuscata da quella dei più famosi marinisti. Il sonetto che vi riporto oggi è uno dei suoi componimenti più conosciuti e importanti: scritto nel 1629 e rivolto a Luigi XIII, palesa una visione favorevole alla Francia, secondo la linea di pensiero politico di Odoardo Farnese, allora appena convenuto a nozze con Margherita de’ Medici. Stupefacenti gli artifici baroccheggianti, nonché il retroscena di stampo filosofico, in qualche modo evidente.
XIV. A Luigi XIII dopo la presa della Roccella e
la liberazione di Casale
Sudate, o fochi, a preparar metalli,
e voi, ferri vitali, itene pronti,
ite di Paro a sviscerare i monti
per inalzar colossi al re de’ Galli.
Vinse l’invitta ròcca e de’ vassalli
spezzò gli orgogli a le rubelle fronti,
e machinando inusitati ponti
diè fuga ai mari e gli converse in valli.
Volò quindi su l’Alpi e il ferro strinse,
e con mano d’Astrea gli alti litigi,
temuto solo e non veduto, estinse.
Ceda le palme pur Roma a Parigi:
ché se Cesare venne e vide e vinse,
venne, vinse e non vide il gran Luigi.
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