Parecchio tempo fa ho avuto la fortuna di trovare L’arte di conoscere se stessi di Khalil Gibran, in una piccola libreria su una via trafficata di Palermo. Con pochissimi spiccioli mi sono portata a casa una delle più ispiranti raccolte di massime spirituali che io abbia mai letto.
Oggi voglio proporvi uno dei pochi racconti racchiusi nel libro, che mi ha offerto tanti spunti di riflessione, lasciandomi davvero con l’amaro in bocca.
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La storia della vergine
Fiore che mano non poté sfiorare,
vergine visse e vergine morì.
I suoi contingenti erano ormai sopraffatti dal numero dei nemici ed il generale non ebbe altra scelta che ordinare: << Affinché si risparmino vite e munizioni, dobbiamo ordinatamente ritirarci presso una città sconosciuta al nemico, ove poter mettere a punto una nuova strategia. Marceremo attraverso il deserto poiché è meglio seguire questo tragitto che cadere nelle mani del nemico. Incontreremo monasteri e conventi che occuperemo al solo fine di procurarci cibo e provvigioni >>.
Le truppe non ebbero niente da obiettare dal momento che non vedevano alternativa ad una situazione così critica. Marciarono per giorni nel deserto, patendo fatica, caldo, fame, sete. Un giorno videro una costruzione imponente che sembrava un’antica fortezza. Il portone pareva quello di una città fortificata. Alla vista di ciò i loro cuori si rinfrancarono. Pensavano fosse un convento dove poter riposare e trovare cibo.
Quando aprirono il portone, per un po’ nessuno venne loro incontro. Poi sulla porta apparve una donna vestita completamente di nero, il viso era la sola parte visibile del suo corpo. Ella spiegò all’ufficiale di comando che quello era un convento di suore e come tale andava rispettato, nessun danno doveva essere arrecato alle religiose. Il generale promise loro protezione totale e chiese cibo per le sue truppe. Gli uomini furono serviti nell’ampio giardino del convento.
Il comandante era un uomo sui quarant’anni, pavido e dagl’istinti irrefrenabili. L’ansia l’aveva reso inquieto, desiderava una donna che gli desse conforto e decise di costringere una delle suore. Così l’infida lussuria lo portava a profanare quel sacro luogo dove le suore si erano raccolta in comunione di Dio per innalzare a Lui eterne preghiere lontano da questo mondo falso e corrotto.
Dopo aver rassicurato la Madre Superiora, il vile comandante si arrampicò su una scala fino a raggiungere la stanza occupata da una suora che aveva visto dalla finestra. Gli anni di incessante preghiera e di solitaria abnegazione non avevano cancellato tutti i segni di femminea bellezza dal suo volto innocente. Aveva lasciato il mondo dominato dal peccato per trovar rifugio qui, luogo dove poter adorare Iddio lontana dalle distrazioni terrene.
Entrando nella stanza il criminale sguainò la spada e minacciò di ucciderla se avesse gridato aiuto. Lei sorrise e rimase in silenzio, comportandosi come se volesse assecondare il desiderio di lui. Poi lo guardò e disse: << Siedi e riposa, hai l’aria molto stanca >>. Le si sedette vicino, sicuro della sua preda. E lei continuò: << Ho ammirazione per voi uomini di guerra che non temete di gettarvi in seno alla morte >>. Al che quello stupido codardo rispose: << Sono le circostanze che ci obbligano ad andare alla guerra. Se la gente non mi bollasse come vile, fuggirei lontano prima di acconsentire a guidare un maledetto esercito >>. Lei gli sorrise e disse: << Ma non sai che in questo santo luogo abbiamo un unguento che spalmato sul corpo protegge dal colpo della spada più tagliente? >>. << Straordinario! Dov’è questo unguento? Sicuramente potrò utilizzarlo >>. << Ebbene, te ne darò un po’ >>.
Nato ad un tempo in cui ancora si credeva a certe superstizioni, il generale non dubitò della sorella. Ella aprì un vaso e gli mostrò un bianco balsamo. Al vederlo lui fu improvvisamente assalito dal dubbio. Lei ne prese un po’ e se lo spalmò sul collo dicendo: << Se non mi credi, ti darò una prova. Prendi la spada e colpiscimi al collo con tutta la tua forza >>. Egli esitava, ma lei continuava a incitarlo perché colpisse forte, e alla fine colpì.
Stette quasi per perdere i sensi alla vista della testa che rotolava via dal corpo della suora che si accasciò immoto sul pavimento. Allora capì lo stratagemma di cui lei si era servita per salvarsi dalla profanazione.
Lei monaca era morta … ed il comandante vedeva solo due cose di fronte a sé: il cadavere di una vergine ed un vaso di unguento. Cominciò a fissare lo sguardo sull’unguento e poi sul corpo decapitato, dal corpo all’unguento. Allora perse la ragione, spalancò la porta e corse fuori agitando davanti a sé la spada insanguinata, gridando alle sue truppe:
<< Presto, presto, fuggiamo da questo posto! >>.
Non smise di correre finché non fu raggiunto da alcuni dei suoi uomini che lo trovarono in lacrime come un bambino istupidito.
Gridava: << L’ho uccisa! L’ho uccisa! >>.
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