22 aprile 2018. Questa domenica è stata davvero particolare e diversa da quelle che sono solita trascorrere fra un manuale e uno spartito: dopo pranzo, infatti, mi sono recata al Cassaro. Per chi non lo sapesse, questo è il nome originario di corso Vittorio Emanuele, una via che taglia la città di Palermo in due metà e che collega fra loro due degli antichi ed immensi ingressi della città, Porta Nuova e Porta Felice: in sostanza, si tratta di un’unica strada attraverso la quale dal pieno centro caldo e caotico si può intravedere e raggiungere il mare.
Nella parte più alta di questa via, dove si trovano moltissime chiese ed edifici storici e meravigliosi – per dirne una, la Cattedrale di Palermo –, sono stati allestiti moltissimi stand di varie librerie e case editrici, ciascuna con le proprie proposte editoriali vecchie e nuove. Le possibilità erano moltissime ed ho avuto modo di fare qualche piacevole scoperta e di conoscere moltissima gente piena di passione per il proprio lavoro. La splendida giornata di sole ha decisamente contribuito a rendere l’atmosfera ancora più vivace, carica del fermento di tutte quelle persone che, come me, non riuscivano a smettere di guardarsi attorno ed informarsi e scoprire ed analizzare.
Per quanto riguarda i miei acquisti, ho comprato soltanto due libri dei quali non conoscevo nulla – come faccio quasi sempre. Ho dato fiducia ad una casa editrice che ho appena scoperto, Spazio Cultura Edizioni, nata a partire dall’omonima libreria, al cui stand ho conosciuto due ragazzi davvero gentili che mi hanno dato qualsiasi tipo di informazione sui volumi da loro curati, sottolineando l’importanza che ha per loro la poesia, di cui continuano a pubblicare molte raccolte. Da loro ho acquistato proprio l’ultima raccolta di poesia pubblicata nel 2018, Emersioni di Carolina Cigala, che ho personalmente apprezzato molto per l’immediatezza e la forte capacità comunicativa: si tratta di una raccolta sostanzialmente epigrammatica, che però riesce a calare bene il lettore in un contesto più vasto di quello che può essere costituito dalle vicende biografiche dell’autrice, che si apre ad una riflessione di carattere universalistico. Ve ne parlerò meglio successivamente.
Il mio secondo acquisto è stato Campi aperti di Alessio Arena, giovane poeta siciliano talentuoso di cui ho sentito molto parlare recentemente, candidato al Nobel per la Letteratura. Non avendo letto ancora nulla di suo mi sono lasciata guidare dalla curiosità: questa dovrebbe essere la sua quarta raccolta pubblicata, se non erro, e dopo averla letta in pochissimo tempo – si tratta comunque di 55 pagine, quindi è una lettura molto rapida – posso dire che l’ho molto apprezzata e l’ho trovata molto chiara nel raggiungere l’intento proposto in partenza. Non vado oltre però con i miei pareri sui libri acquistati perché preferisco concentrarmi sul pezzo forte di questo articolo, che sono sicura interesserà a molti di voi.
Alla Biblioteca centrale della Regione siciliana, anch’essa situata sul corso, ho avuto la fortuna di visitare il laboratorio di restauro dei beni librari, l’unico pubblico in Sicilia, ed è stata una delle esperienze più affascinanti che abbia mai fatto. Nelle foto che seguono potrete osservare ciò che man mano vi descriverò.
Una restauratrice ci seguiva durante la visita per soddisfare ogni nostra curiosità a riguardo. Subito davanti ai nostri occhi, dei grandi tavoli scoprivano diverse procedure e diversi dettagli da poter osservare da vicino, e sul primo era appesa la dicitura “tipologia danni”: qui ovviamente era possibile rendersi conto dei disastri che (sostanzialmente) la disattenzione umana può causare.
Un grosso volume era completamente divorato dai tarli, probabilmente per mancata spolveratura costante dei libri o per una cattiva ventilazione degli archivi – problemi oggi naturalmente risolti, di solito. Altri libri risultavano letteralmente carbonizzati al centro e strappati, segni evidenti lasciati dai bombardamenti americani che hanno distrutto l’archivio nei mesi di aprile e maggio 1943. Un ultimo tipo di danno osservabile, e quello a mio parere più affascinante quanto terribile, è il cosiddetto imbrunimento delle pagine, ovvero l’acidità, che riguarda la struttura chimica della carta e causa la degradazione delle sue fibre, soprattutto a causa della presenza delle particelle di ferro che spesso si trovava nell’acqua utilizzata per la lavorazione delle pagine. Tutti (o quasi) i problemi che possono distruggere un libro antico derivano insomma dall’incuria delle generazioni passate, che spesso però dipendeva più dai mezzi e dalle conoscenze allora disponibili che da una reale negligenza o dimenticanza.
Il secondo banco riguardava gli interventi per via umida: venivano mostrati e spiegati tutti gli arnesi utilizzati per il restauro delle pagine, come i vari pennelli a setole naturali e fitte per la spolveratura, tappa fondamentale per il restauro di un volume, o ancora la polvere di gomma o i mattoncini di gomma vulcanizzata per un intervento di pulizia più profondo laddove risulti necessario, e ovviamente l’immersione della pagina in acqua demineralizzata, procedura che accomuna ogni tipologia di restauro.
Successivamente si potevano trovare gli stand che riguardavano nello specifico le cuciture e i capitelli, nonché alcune macchine particolari per la rilegatura, per ciò che concerne il restauro non della singola pagina ma del volume intero. Spesso, per preservare il più possibile l’autenticità del libro, si cerca di intervenire soltanto dove è strettamente necessario, procedendo quindi per conservazione: per esempio, il libro enorme che potete vedere di seguito e che è stato già restaurato, aveva una copertina per lo più salda, usurata solo nei punti solitamente più sollecitati all’apertura e alla chiusura, e così si è preferito integrare la coperta con qualche parte nuova solo nei punti in cui effettivamente risultava mancante o rovinata.
I libri già restaurati che abbiamo osservato erano degli immensi capolavori capaci di attrarre e meravigliare chiunque, e grazie ai quali gran parte della nostra storia non è andata perduta per sempre. Questa visita mi ha fatto davvero scoprire un mondo che non conoscevo, mi ha permesso di apprezzare ancora di più il valore della cultura, di ogni parola scritta nel tempo da uomini che così sono riusciti a lasciare una traccia, qualcosa da dirci, a tramandarci conoscenze e a renderci noti i dettagli della vita e delle usanze nel corso dei secoli. Spero che noi uomini e donne del nostro tempo e dei tempi che verranno continueremo a possedere la consapevolezza della smisurata rilevanza di queste testimonianze, che continueremo a preservarle e a custodirle per continuare a sapere chi siamo perché, come scrisse Joubert:
“cercando la parola, si trovano i pensieri”.
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