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Jonathan Swift, “A meditation upon a broom-stick”

Ho tratto l’opera che vi presento oggi dal volume di Opere scelte di Jonathan Swift, a cura di Pino Bava (Edizioni Casini, 1959). Meditazione su un manico di scopa, scritta nel 1704, non è altro che una maligna satira delle cosiddette meditazioni che le signore del tempo leggevano:

“Pare che questa sia stata una piccola vendetta contro Lady Berkeley, in casa di cui Swift era allora cappellano, costretto a leggerle ad alta voce appunto operette di meditazione”.

Nonostante ciò, non risulta priva di significato, che potremmo trasporre in molteplici modi alla luce del mondo in cui viviamo oggi (senza lasciarci troppo sopraffare dalla vena maligna dell’autore).


Questo povero manico, che oggi vedete ingloriosamente giacere in quell’angolo dimenticato, io so che un giorno fu in fiorenti condizioni in una foresta; era pieno di linfa, pieno di foglie, pieno di rami; ma ora invano tenta l’attivo artificio dell’uomo di gareggiare con la natura, legando quel fastello di ramoscelli secchi al suo arido tronco; nella migliore delle ipotesi esso è ora il rovescio di quello che era, un albero rivoltato con i rami a terra e le radici per aria; ed è maneggiato da qualunque sudicia donnetta, è condannato ad eseguire il suo faticoso lavoro, e per una capricciosa specie di destino deve far pulite le altre cose ed esser sporco lui stesso; infine, ridotto a un moncherino dal servizio delle serve, viene buttato fuori dalla porta o condannato come ultimo uso ad accendere il fuoco. Quando io mi accorsi di ciò, guardai bene e dissi fra me: CERTAMENTE L’UOMO È UN MANICO DI SCOPA. La natura lo mise al mondo forte e vigoroso, in floride condizioni, con i suoi capelli in testa, che sono rami convenienti a questo vegetale ragionevole, finchè l’ascia dell’intemperanza non gli tagliò via i verdi rami e non lo ridusse ad un arido tronco. Allora egli ricorre all’arte, e si mette su una parrucca, stimando se stesso da un innaturale fastello di capelli, tutto coperto da una polvere che non era mai venuta dalla sua testa; ma ora questo nostro manico di scopa vorrebbe comparire in scena, orgoglioso di quelle spoglie di betulla che non aveva mai portate, e tutte coperte di polvere, sebbene tratta dalla camera della signorina più raffinata; e noi potremmo anche deridere e disprezzare la sua vanità, giudici imparziali che siamo sia delle nostre eccellenze che dei difetti degli altri uomini.
Ma una scopa, forse mi direte, è il simbolo di un albero che sta in piedi sulla testa: ma, di grazia, che cosa è un uomo, se non una creatura capovolta, con le facoltà animali che continuamente scavalcano le razionali, con la testa al luogo dei talloni, che striscia per terra e tuttavia con tutti i suoi difetti si erige ad universale riformatore e correttore degli abusi, a soppressore delle angherie; fruga in ogni sudicio angolo della natura, portando alla luce le corruzioni nascoste, e solleva una gran polvere dove prima non ce n’era, prendendo profondamente parte per tutto il tempo proprio a quelle porcherie che pretende di scopar via? I suoi ultimi giorni sono dedicati all’esser schiavo delle donne, e generalmente delle meno degne. Finchè, ridotto al moncone, come la sua sorella scopa, egli non sarà messo a calci fuori dalla porta, o adoperato per accendere il fuoco, al quale gli altri possano scaldarsi.



2 risposte a “Jonathan Swift, “A meditation upon a broom-stick””

  1. Un modo propriamente elegante per creare una sofisticata ed esemplare ironia
    Un caro saluto e un augurio di una felice settimana
    Adriana

    Piace a 1 persona

    1. L’importante infatti è sapere cogliere tutti gli aspetti fondamentali dello scritto, ricordandosi dell’ironia, decisamente sofisticata: grazie mille, lo stesso augurio a te! 🌸

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Retroscena

Sono Anna Negri, classe ’98, dottoranda in Studi Umanistici a Palermo, ex libraia Mondadori, lettrice appassionata (soprattutto di poesia), aspirante scrittrice secondo il mio diario di terza media. Qui raccolgo attività, pareri, approfondimenti.

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