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Sradicare la cultura dello stupro

Come si sradica la cultura dello stupro?
Questa domanda mi perseguita dalla prima volta che mi ci sono confrontata.
È di ieri l’articolo di Simone Fontana, che su Wired Italia analizza chat e dinamiche del “più grande network italiano di revenge porn, su Telegram”:

È qui che l’espressione stupro virtuale assume una connotazione completamente diversa, dolorosamente reale. Non c’è nulla di astratto in questa violenza, niente di innocuo: c’è il sesso utilizzato come mezzo per affermare dinamiche di potere, ci sono i carnefici e ci sono le vittime. Tutto accade su internet, ma le conseguenze hanno ben poco di virtuale.

E il problema continua a non esistere.

Il problema non esiste. Per la maggior parte degli italiani e delle italiane, il problema della disuguaglianza di genere non esiste, e nemmeno quello delle disuguaglianze sul posto lavoro, in un contesto familiare o amicale. Non esiste il problema dell’oppressione di genere, delle varie forme di violenza di genere; non esiste il problema della foto scattata, rubata ad una ragazza sull’autobus, o presa da un social network e lanciata dentro un gruppo su Telegram di oltre 40 mila uomini che inneggiano allo stupro. E se il problema non esiste, non esiste la presa di coscienza, non esiste la presa di posizione e non esiste la battaglia che tutti quelli che si vogliono dissociare hanno il dovere di portare avanti. Se il problema non esiste, esistono invece affermazioni quali: “Ma se voi non fate niente, allora significa che va bene così”, “Siete esagerate”, “Smettete di fare le vittime”. Esistono affermazioni come: “Ma se esiste un gay pride, perché non dovrebbe esistere un etero pride?”, “Voi e le vostre manifestazioni cretine”, “Vi fate troppi problemi”. Ecco: il problema non esiste, o forse si finge che non ci sia. E invece sarebbe cruciale ammettere che ciò che non è normalizzato agli occhi della società – la parità fra i sessi in ogni ambito, le relazioni omosessuali, per fare due soli esempi – ha bisogno, necessariamente, di un grido di sostegno, di persone che si schierano e che ne dichiarano la legittimità e la giustizia.

Avevo letto di questi terrificanti gruppi su Telegram già qualche tempo fa, quando, sempre su Wired Italia, uscì un articolo di Luca Zorloni che mostrava la chat di uno dei gruppi più popolati in tal senso, chiamato Canile 2.0.

I casi di stupri virtuali di minori online scoperti dalla polizia postale sono raddoppiati tra il 2016 e il 2018: da 104 casi a 202 l’anno. Nelle chat emergono anche forme di stalking.

Ricordo che rimasi molto colpita da questa scoperta, nonché profondamente disgustata. Non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima, ahimè. Ho scritto altre volte riguardo ad alcuni fatti orribili, sulla violenza di genere e sul femminicidio. Nel 2017 mi rifacevo ad un fatto di cronaca per buttare giù, di pancia, alcuni pensieri sulla cultura dello stupro in Italia, così radicata nelle menti di uomini e donne inconsapevoli; nel 2018 leggevo Thanopulos, e alla luce del suo La solitudine della donna scrivevo che “(…) è semplicemente un modo per ripetere, ancora una volta, che i fatti di cronaca degli ultimi anni, che contano ogni giorno almeno una storia di omicidio-suicidio o di violenza sulle donne, prendono il via da un problema reale che non scaturisce dalla natura dell’uomo – secondo un modo di pensare sessista o antiquato –, ma che è insito nell’organizzazione della nostra società. La società di oggi impone egoismo e diffidenza nei confronti dell’altro, non permette che il rapporto fra gli uomini, fra gli uomini e le donne possa avere luogo senza che l’uomo si senta in qualche modo su un gradino più in alto, come detentore di diritti che alla donna non sono mai appartenuti veramente”.

Ho sempre immaginato la cultura dello stupro legata inevitabilmente a tanti altri problemi sociali, come traino e come conseguenza. D’altronde si tratta di un male così profondo da aver formato metastasi in ogni aspetto e settore del nostro sistema. Volendo dare solide fondamenta al mio discorso, mi rifaccio ad un altro libro, Femminismo per il 99% – Un manifesto di Cinzia Arruzza, Tithi Bhattacharya e Nancy Fraser (Editori Laterza), in cui si legge: “Noi sappiamo che nel capitalismo la violenza di genere è una condizione sistemica, non un’interruzione dell’andamento regolare delle cose. (…) Nelle società capitaliste la violenza di genere non è un fenomeno isolato. Al contrario, è profondamente radicata all’interno dell’ordine sociale che intreccia la subordinazione delle donne con un’organizzazione del lavoro connotata dal genere e con le dinamiche dell’accumulazione capitalistica. (…) La violenza, in tutte le sue forme, è parte del funzionamento quotidiano della società capitalista (…). Non si può fermare una singola forma di violenza senza fermare le altre”. Dunque tutto può essere considerato collegato, le nostre mancanze derivano dalla cultura dello stupro e allo stesso tempo la fortificano, lasciando sole le donne a combattere una battaglia che è di tutti.

In un momento di forte crisi del capitalismo (periodi inevitabili) esplodono la violenza di genere e lo stupro come “strumento di controllo” di fronte a varie incertezze. La storia parla chiaro per noi: basti pensare agli stupri perpetrati dai soldati colonizzatori, alla schiavitù sessuale di “donne nemiche” o all’immaginario fascista della patria-donna-madre e a tutte le violenze che avvengono ancora, ogni giorno, sotto i nostri occhi, che noi ce ne accorgiamo o meno. Questa cultura, è indubbio, è dura a morire. Ce lo dimostrano quei 43 mila utenti, in gran parte assolutamente anonimi, che convengono con le parole di uno di loro: “Le femmine sono soltanto carne da fottere e stuprare, da sbattere in rete punto e basta”. Rabbrividisco.

festa-donna

Ringrazio gli autori di questi articoli perché forse possono contribuire a gettare un po’ di luce negli occhi pigri di quelli che ancora ritengono che il problema della disuguaglianza e dell’oppressione di genere non esista. In una società sana, il primo passo sarebbe appunto prendere coscienza della realtà vera che ci circonda, perché non si può pensare ad una soluzione senza una problematica da analizzare. E ritorno al mio quesito iniziale: come si sradica la cultura dello stupro? Pongo a voi questa domanda, e io mi azzardo a dare una risposta, forte dell’idea che ho coltivato fino a questo punto: con l’educazione, con un sistema scolastico che mira davvero a formare delle persone consapevoli, dal forte senso civico e morale, rispettose, giuste. Con una scuola che mira all’inclusione e che non costruisce differenze, e che soprattutto mette di fronte ai suoi studenti tutte le storture della società per far sì che le capiscano davvero e che, un giorno, possano battersi anche loro per contrastarle, tutti insieme.

Perché è fondamentale l’educazione sociale e sessuale per adulti e bambini? Perché a far parte di quei gruppi (Canile 2.0, Stupro tua sorella 2.0 e altri) ci sono amici, fidanzati, padri che decidono di dare in pasto ad altri come loro figlie, mogli, ex fidanzate, con tanto di nome e cognome, indirizzo di casa o del posto di lavoro, numero di telefono e account dei social. Sono uomini che invitano altri uomini a “punire” le donne con cui sono stati, mandando foto e dati sensibili e incitando allo stupro (revenge porn); sono uomini che chiedono foto di minorenni e video di violenze sessuali; sono uomini che si nascondono dietro la sicurezza dell’anonimato e che, una volta chiusa la chat, dormono sonni tranquilli e vivono una vita normale, a contatto con la famiglia e gli amici – che probabilmente non sospetterebbero mai di loro. Come ha giustamente scritto Federica Marsili: “Ecco, signori, la banalità del male”.

Assodato che il problema esista e sia di natura sociale, occorre dire che la società e la sua cultura non nascono come entità immobili e ben definite. Nascono e si trasformano grazie alle prime persone che hanno voluto pensarle, immaginarle e costruirle, e sono dunque suscettibili di variazioni. Tutti noi abbiamo il potere e il dovere di cambiarle nel tempo (di cambiare nel tempo) affinché sia equa e giusta, affinché situazioni di questo tipo non si manifestino più. Per poter agire, però, dobbiamo prima ammettere che qualcosa non va, e dunque prendere una posizione. Informiamoci, leggiamo, educhiamoci ed educhiamo. Uomini – che non avete niente a che fare con la categoria che ho descritto finora: c’è bisogno che lottiate anche voi, e che lo facciate allo scoperto. Ci vorrà moltissimo tempo prima di poter raggiungere davvero dei risultati: ma se non ora, quando?


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Una replica a “Sradicare la cultura dello stupro”

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Retroscena

Sono Anna Negri, classe ’98, dottoranda in Studi Umanistici a Palermo, ex libraia Mondadori, lettrice appassionata (soprattutto di poesia), aspirante scrittrice secondo il mio diario di terza media. Qui raccolgo attività, pareri, approfondimenti.

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