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La lingua e la cultura sulle orme di Sapir

Uno degli argomenti più interessanti e complessi all’interno delle scienze umanistiche riguarda sicuramente la facoltà umana del linguaggio e il suo rapporto con la lingua: perché, ebbene sì, lingua e linguaggio, per quanto possano sembrare sinonimi, in realtà indicano due entità sensibilmente differenti. La lingua può essere semplicemente descritta come una associazione arbitraria fra un significante ed un significato, mentre la parola linguaggio si riferisce alla facoltà umana di articolare parole e frasi, disposizione innata secondo il famoso linguista Noam Chomsky. Non ci si sofferma mai abbastanza sopra questo tema, nel corso della propria vita, a meno che non ci si trovi ad affrontarlo direttamente e senza scampo perché parte del percorso scelto da noi stessi. E proprio nel bel mezzo di questo percorso mi sono imbattuta in un nome noto, quello del linguista statunitense Edward Sapir (1884-1939), che nel 1933 scriveva “Language” (Encyclopaedia of the Social Sciences, 9, 155-169, New York: Macmillan; ristampato in The collected works of Edward Sapir, Berlin/New York: De Gruyter, 503-517). “Language” è un saggio piuttosto breve ed esaustivo sulla lingua “in relation to History and Society”, che passa in rassegna le caratteristiche della stessa, le sue funzioni e i modi in cui funziona, la sua utilità, la sua natura biologica complessa che, in ultima istanza, si intreccia con il modo in cui ogni cultura vede ed interpreta il mondo.

Sapir esordisce con una affermazione chiara: “il dono del linguaggio e una lingua ben ordinata sono caratteristiche di ogni gruppo conosciuto di esseri umani”; la lingua ci serve necessariamente ad esprimerci e a comunicare con gli altri, e fra i vari aspetti culturali, continua Sapir, è stata la prima a svilupparsi in modo così altamente complesso e quasi perfetto, determinando lo sviluppo della cultura per intero. Se ci chiediamo cosa è la lingua, dobbiamo partire dalla primaria constatazione del fatto che si tratti di “a system of phonetic symbols” che ci serve ad esternare pensieri e sentimenti; la lingua è qualcosa che nasce da noi esseri umani, come bisogno sotto molteplici aspetti, e questo spiega chiaramente il motivo per cui le prime parole nate riguardino il corpo umano e ciò che si trova attorno ad esso. La lingua ha definito noi stessi e lo spazio nel quale, con il quale, per il quale agiamo.

Sono interessanti le considerazioni del linguista statunitense sulla complessa funzione biologica rappresentata dalla lingua, sul suo apparato “parassita” e sulla difficoltà di articolazione dei suoni, sui quali agiscono anche una selezione ed una generalizzazione particolari che sono determinanti per lo sviluppo della stessa. Sapir scrive: “Language is not merely articulated sound”, paragonando le sue teorie a quelle che riguardano la musica: egli spiega che anche la sinfonia più dinamica è costituita da entità perfettamente distinguibili e riconoscibili (le note musicali), che si susseguono in un continuum ma che stanno, al contempo, in rapporti strettamente intricati e rappresentabili attraverso formule matematiche. Altro punto in comune con la musica è dato dal fatto che, come in musica esiste un sistema perfettamente definito di segni, così, scrive Sapir, “non esiste alcuna lingua conosciuta che non abbia un sistema di fonemi perfettamente definito”. Suono e segno, fono e fonema, sono due entità distinguibili in ogni lingua (ribadisco, conosciuta), e stanno ovviamente in forte correlazione fra loro, secondo meccanismi e condizioni che variano di lingua in lingua e che costituiscono il campo di indagine della cosiddetta fonologia. Secondo Sapir, “il campo delle procedure formali impiegate dai parlanti, per costruire un discorso esteticamente e funzionalmente soddisfacente, risiede fra il significativo elemento della parola e il significato completo del discorso che procede in continuum”; queste suddette procedure, scrive il linguista, costituiscono la grammatica, che egli definisce “la somma totale dei processi formali riconoscibili intuitivamente dai parlanti di una determinata lingua”.

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L’aspetto formale della lingua, con tutto ciò che essa comporta, determina naturalmente delle considerazioni circa la psicologia umana in relazione a quella che Sapir chiama “self-consciousness of speech” propria di ogni uomo; la lingua è personalità, e questo è un aspetto interessantissimo che ci porta ad un fattore più complesso: “la lingua ha il potere di analizzare l’esperienza umana, scomporla in elementi e creare un mondo di potenziale integrazione con le cose attuali, che consente agli esseri umani di trascendere il dato immediato nella loro esperienza individuale per partecipare ad una comprensione comune e molto più ampia. Questa comprensione comune costituisce la cultura”.

Sapir continua scrivendo che “language is heuristic: questo significa che, come si sviluppa la nostra esperienza scientifica, così dobbiamo imparare a risolvere le implicazioni del linguaggio (…) che ci aiuta e, al contempo, ritarda la nostra esplorazione dell’esperienza, e i dettagli di questi processi che aiutano ed ostacolano si trovano nei più minuziosi pensieri delle differenti culture”. Prima che per comunicare, ci serviamo della lingua per “vedere la realtà simbolicamente”: essa è come un ponte fra il mondo del reale e quello della mente, fra noi, corpo, e i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre espressioni.



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Retroscena

Sono Anna Negri, classe ’98, dottoranda in Studi Umanistici a Palermo, ex libraia Mondadori, lettrice appassionata (soprattutto di poesia), aspirante scrittrice secondo il mio diario di terza media. Qui raccolgo attività, pareri, approfondimenti.

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